La questione delle politiche migratorie negli Stati Uniti divide entrambi i grandi partiti, ma in modo diverso.
I democratici individualmente sono lacerati (come me) perché sono favorevoli ad aiutare chi ne ha bisogno, e questo li induce a guardare con simpatia agli immigrati, e in generale sono anche più favorevoli a una società multiculturale e multirazziale. Quando guardo gli immigrati di oggi, mi sembrano fondamentalmente simili ai miei nonni, che vennero in America per cercare una vita migliore.

Sul versante opposto, però, l'immigrazione libera non si concilia con una forte rete di sicurezza sociale: se l'obiettivo è garantire la copertura sanitaria e un reddito decoroso per tutti, non si può estendere l'offerta al mondo intero. Per questo i democratici hanno sentimenti contrastanti sull'immigrazione: e d'altronde non è un argomento semplice.

I repubblicani, da parte loro, o amano l'immigrazione o la odiano. L'ala filoimprenditoriale del partito ama la manodopera a buon mercato, e sarebbe felicissima di avere politiche migratorie che garantiscano l'afflusso di questi lavoratori e al tempo stesso facciano in modo che non possano né votare né, di fatto, organizzarsi sindacalmente. Ma la destra culturale, in molti casi di tendenza xenofoba, non ama avere sul suolo patrio gente culturalmente diversa, nell'aspetto e nella lingua.

E dunque l'immigrazione è un argomento che spacca in due anche i repubblicani, ed è una frattura che riflette la storia del partito. Per lungo tempo il partito repubblicano è stato guidato essenzialmente dagli interessi delle imprese, mentre la destra culturale andava a rimorchio. Poi, nel 2004, George W. Bush si è presentato per un secondo mandato nelle vesti di difensore della nazione contro gli spauracchi gemelli del terrorismo islamico e del matrimonio gay. Dopo la sua vittoria, annunciò che i risultati gli conferivano il mandato per... privatizzare la previdenza sociale.

Il reale significato della recente raffica di proteste del movimento dei cosiddetti Tea party è che il grande capitale non controlla più le leve del partito repubblicano e che la base della destra culturale, con la sua paura per l'"altro" nella società americana, non si lascia più né dirigere né controllare. Le improvvise polemiche sulla questione dell'immigrazione sono parte di questo fenomeno.

I democratici pensano che questa discordia costituisca un vantaggio politico per loro. Non ne sono tanto sicuro, almeno per quel che riguarda le elezioni parlamentari di quest'anno. Ma so che sul lungo periodo, se il partito repubblicano diventerà il partito dei maschi bianchi arrabbiati a briglia sciolta (diversamente da prima, quando era il partito dei maschi bianchi arrabbiati legati al carro dell'élite imprenditoriale) il suo futuro rimarrà incerto.
(Traduzione di Fabio Galimberti)

 

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